23 Dicembre 2024
Letteratura

“Il cane di terracotta” e l’attualità della convergenza

di

Mario Gaudio

Salvo Montalbano, figurato nell’immaginario collettivo con il volto di Luca Zingaretti, affronta ne Il cane di terracotta un’indagine «[…] in pantofole, in una casa d’altri tempi, davanti a una tazza di caffè».

Descritto in questi termini, il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri potrebbe sembrare prossimo al pensionamento ma, in realtà, l’ambientazione antiquata nasce dal fatto che il delitto sul quale lavorano le sue formidabili meningi risale a ben cinquant’anni prima.

Dopo il ritrovamento di un arsenale all’interno di una grotta ‒ usata in periodo di guerra a mo’ di deposito per il mercato nero ‒, in una sorta di doppio fondo, vengono rinvenuti due cadaveri uniti in un abbraccio eterno e disposti in maniera quasi rituale. Accanto ai corpi, a far da cornice alla scena macabra e romantica ad un tempo, ci sono una ciotola contenente delle monete, un “bummolo” (brocca di creta) e un cane di terracotta che sembra vegliare sulla coppia.

Montalbano, «affatato» da quella scoperta, raccoglie la sfida di una vicenda che, sebbene non avrà conseguenze giuridiche, darà soddisfazione ai suoi meccanismi investigativi e pace ai due poveri defunti.

Tra il «nirbuso» provocato dalla sua meteoropatia, le pantagrueliche abbuffate di pesce presso l’osteria “San Calogero”, le «sciarriate» con l’eterna fidanzata Livia e il ferimento al fianco durante un attentato, il commissario si immerge in una truce storia di amore e violenza consumatasi nel luglio del 1943, proprio nei giorni dello sbarco delle truppe americane in Sicilia.

Lo scrittore Andrea Camilleri (1925-2019) (immagine tratta dal Web)

Facendosi strada tra gli annebbiati ricordi del preside Burgio e consorte e le stramberie dello spretato e colto Alcide Maraventano, Montalbano riuscirà a ricostruire le cause e le modalità dell’antico delitto, dando nome e memoria ai cadaveri dei due giovanissimi amanti.

Camilleri, con consumata esperienza di regista e sceneggiatore, imbastisce la narrazione a partire dal dramma La gente della caverna di Taufik al-Hakim ‒ come candidamente avverte in una nota ‒, ma costruisce il tutto tenendo conto della tradizione cristiana dei Sette dormienti di Efeso e di una leggenda similare raccontata nel Corano.

Insomma, il compianto scrittore siciliano fa della sua opera un punto di incontro tra Oriente e Occidente, richiamando con questo atteggiamento un gigante della cultura sudamericana ‒ Jorge Luis Borges ‒ e rendendo valido il concetto di letteratura come punto di convergenza e scambio tra culture diverse.

Del resto, tale operazione non poteva non avvenire in terra sicula, crocevia, nel corso dei secoli, di diverse civiltà e popoli e spazio aperto di convivenza tra la tradizione autoctona, quella del “continente” e quella delle non lontane coste nordafricane.

In ultima analisi, sebbene il romanzo risalga al 1996, le sue pagine ci offrono uno spaccato storico sui tempi difficili della guerra e, soprattutto, un quadro di apertura e flessibilità culturale quanto mai necessarie nella nostra confusa e superficiale epoca.

«Le affinità elettive erano un gioco rozzo a paro degli insondabili giri del sangue, capace di dare peso, corpo, respiro alla memoria». Montalbano docet!