“Occhi che abbracciano”, un diario della pandemia
di
Mario Gaudio
Sin dai primi istanti di vita, gli occhi esplorano la realtà circostante e veicolano emozioni attraverso cui interpretare i moti più o meno consapevoli dell’animo umano.
Essi diventano lo strumento principale per affrontare la complessità del reale e sono gli indiscussi protagonisti della narrazione di Grazia Ciappetta.
Occhi che abbracciano è a tutti gli effetti un diario della pandemia, un riuscito resoconto della surreale situazione in cui il Covid-19 ci ha, nostro malgrado, relegati.
A prescindere dai dati medici, dall’andamento epidemiologico, dalle flessioni della famigerata curva statistica, l’autrice racconta, con apprezzabile semplicità, la quotidianità vissuta e le difficoltà delle relazioni regolamentate dalle varie deliberazioni governative, mediate dagli ormai familiari dispositivi di protezione e favorite fortunatamente dalla tecnologia e dai tanto ingiustamente vituperati social.
Nelle pagine si susseguono le impressioni suscitate da vicende ‒ quali un parto, una laurea o una festa di compleanno ‒ che, in tempi normali, risulterebbero addirittura banali, ma che in questo periodo burrascoso diventano momenti a dir poco eroici, figli di una agognata normalità che stentiamo a recuperare.
Le interminabili giornate vissute in casa mutano radicalmente gli stili di vita e se da un lato consentono di riassaporare il valore della frugalità e di riconquistare gli spazi spesso non vissuti a causa della frenesia impostaci dalla società capitalistica, dall’altro favoriscono il riemergere di antichi ricordi che riportano alla mente stralci di esistenza positivi e negativi, obbligandoci a sanare antiche ferite spirituali e a regolare i conti con gli inevitabili fantasmi interiori.
Tuttavia, citando la saggia osservazione dello scrittore Andrea D’Auria, «[…] i ricordi sono come morfina: vanno bene a piccole dosi per rimetterti in sesto, ma non ci puoi vivere» e Grazia Ciappetta fa tesoro di questo insegnamento trasformando il tempo delle restrizioni in un dono per la comunità, trasmutando i giorni dell’incertezza in una «terapia d’amore» concretizzatasi nelle ore trascorse come volontaria ospedaliera presso il nosocomio di Cosenza.
In tutto ciò gli occhi e lo sguardo diventano potenti mezzi di comunicazione per costruire rapporti empatici al di là delle voci attutite dalle mascherine o dei gesti smorzati dal necessario distanziamento.
Lo stesso periodo di quaresima ‒ denso di significato come non mai in questo infausto anno appena trascorso ‒ diviene occasione propizia per associare in un abbraccio ideale e solidale gli occhi affannati e stanchi dei ricoverati con quelli speranzosi e devoti dei “vattienti” di Cassano allo Ionio ‒ città natale dell’autrice ‒ al fine di riunire in un’unica oblazione le sofferenze di un’umanità che si è riscoperta inaspettatamente fragile.
Le parole di Grazia Ciappetta procedono con sobrietà, con quel passo felpato che è necessario adottare dinanzi al dolore, e costituiscono un’ottima lettura per comprendere un tragico evento di portata storica di cui siamo, purtroppo, tuttora protagonisti.