23 Dicembre 2024
ArbëriaSaggistica

Miserie e nobiltà del voto in Calabria. In margine al libro di Francesco Perri

di

Mario Gaudio

La storia ‒ si sa ‒ è scienza esatta e, in quanto tale, nasce e si sviluppa attraverso ben definite metodiche di ricerca, raccolta, analisi e interpretazione di documenti.

Per mezzo di precise operazioni lo storico compie il miracolo della restituzione al presente di nomi, date, luoghi e fatti coraggiosamente strappati alle grinfie del tempo e dell’oblio.

Basterebbero queste pochissime righe a raccontare il lavoro certosino compiuto da Francesco Perri nel volume Il voto in Calabria, ma è doveroso fornire al lettore almeno qualche indicazione sulla genesi dell’opera e sulle sue peculiarità.

Perri è da sempre frequentatore di archivi polverosi e poco conosciuti e con istinto e accortezza raccoglie appassionatamente informazioni sulle vicende storiche del suo paese natale ‒ Vaccarizzo Albanese ‒, estendendo costantemente lo sguardo oltre il campanile e leggendo i fatti del proprio borgo in una prospettiva più ampia che abbraccia l’Arbëria, la storia calabra e quella nazionale.

Pertanto, il suo cammino di ricerca progredisce per cerchi concentrici e il ritrovamento di documenti relativi alle tornate elettorali della piccola comunità natìa lo ha indotto ad approfondire i legami con le realtà viciniori di San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese e Santa Sofia d’Epiro.

Non pago della sua indagine, l’autore ha inteso intraprendere un ulteriore percorso di analisi, valutando i dati elettorali dei comuni arbëreshë appena citati alla luce dei risultati maturati nelle urne calabresi nel corso delle varie elezioni susseguitesi in Italia.

Ne emerge un quadro estremamente interessante e variegato con puntuali elenchi di nomi, appartenenze politiche, contrassegni, percentuali e numeri di preferenze.

Se attentamente interpretate, le notizie relative alle comunità albanofone poste alla destra del Crati ci raccontano di un microcosmo inaspettatamente vivace in cui ai podestà di nomina regia del Ventennio seguono sindaci e giunte municipali eletti dopo campagne elettorali infuocate dal punto di vista ideologico e umano.

Scorrendo i lunghi elenchi dei candidati, affiorano i nomi di vecchi e cocciuti idealisti, improvvisati strateghi, trasformisti d’ogni sorta, pazienti personaggi capaci di spogliarsi delle vesti di anonimi gregari per divenire protagonisti di primo piano delle vicende politiche.

Accanto agli uomini si delineano i fatti e, in particolar modo, i locali apparentamenti tra democristiani e comunisti ‒ quasi precorritori del Compromesso storico degli anni Settanta ‒ e le strane e sante ‒ si fa per dire ‒ alleanze tra esponenti del MSI e del PCI riuniti sotto un unico simbolo.

Perri colma col suo libro una vistosa lacuna negli studi storici d’Arbëria e con meticolosità, imparzialità e sapienza lascia che siano i numeri a parlare, offrendoci un excursus statistico di valore che acquisisce ancor maggiore importanza in tempi di sbiadite controfigure politiche e di campagne elettorali divenute appannaggio esclusivo di massmediologi e pubblicitari.

Insomma, la politica dai mille volti e dagli altrettanti vizi popola le pagine de Il voto in Calabria, sfoggiando miserie e nobiltà personali e sociali ma inducendo, nello stesso tempo, una sorta di rimpianto per epoche in cui le elezioni incarnavano realmente la massima espressione dello spirito democratico volto a decapitare definitivamente ogni pretesa fondata sul diritto di sangue o su quello divino. Ciò rende il libro di Perri preziosa miniera di informazioni, ma anche e soprattutto punto di riferimento per valori ideali che il buon senso ci invita quanto prima a recuperare.