Gennaro De Cicco. La carta e il territorio
di
Mario Gaudio
Percorsi e momenti di storia locale e oltre è opera squisitamente antologica e, in quante tale, si macchia di un duplice crimine: il primo perpetrato nei confronti dei testi accolti ‒ i quali sono stati asportati dai macrocontesti originari ‒; il secondo consumato ai danni dei testi esclusi che, almeno apparentemente, possono essere classificati come negletti e indegni di attenzione.
Tuttavia, tale severo discernimento testuale è connaturato da sempre al genere antologico e ci consente in primis di assolvere De Cicco; in secundis di limitare la nostra analisi ad una porzione consistente e coerente di una produzione ovviamente più ampia; in terzo luogo di tracciare a grandi linee il percorso logico seguito dall’autore nel lavoro di costruzione della sua antologia.
L’intera opera è caratterizzata dallo scambio costante tra l’unità e la varietà. Se in effetti lo scenario nel quale si consumano le vicende raccontate è unicamente quello di San Demetrio Corone, gli argomenti trattati spaziano nei contesti più diversi.
Il borgo natìo diventa per De Cicco il punto di partenza imprescindibile di ogni narrazione e il legame tra lo scrittore e la sua comunità oltrepassa il semplice attaccamento alle radici, assumendo un valore ben più profondo che ricorda molto da vicino quella simbiosi con i luoghi delle proprie origini che Cesare Pavese (1908-1950) sintetizzò magistralmente in un significativo passaggio de La luna e i falò (1950): «Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Scorrendo le pagine del libro di De Cicco, ci si rende facilmente conto del fatto che San Demetrio Corone continua ad alimentare visioni e prospettive politiche, sociali, culturali e spirituali di indubbia modernità. Se in tempi passati si additava il celeberrimo Collegio di Sant’Adriano come «fucina di diavoli» in cui covavano idee progressiste e libertarie, in anni più recenti tale luogo è divenuto essenziale punto di incontro e di scambio capace di ospitare personaggi di altissimo rilievo quali il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (novembre 2018), diversi capi di stato e di governo albanesi, il principe Alberto II di Monaco (maggio 2019) e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (settembre 2019).
De Cicco documenta questi eventi destinandoli alla stampa e consegnandoli alla memoria, incarnando appieno quella felice definizione di Albert Camus (1913-1960) secondo cui «il giornalista è lo storico dell’istante».
Gli incontri istituzionali sono tuttavia soltanto uno dei tanti tasselli che compongono il grande mosaico antologico ideato dal nostro autore. Forte della sua orgogliosa appartenenza all’Arbëria, egli si sofferma più volte a riflettere sui pregi e i limiti delle leggi di tutela delle minoranze linguistiche storiche, auspicandone un necessario rinnovamento e individuando nella scuola ‒ altro tema forte del libro ‒ uno dei principali soggetti preposti alla trasmissione e alla valorizzazione delle nostre antiche culture.
Le più svariate forme di espressione artistica trovano spazio nell’opera di De Cicco e consentono di prendere coscienza di una vivacità intellettuale mai sopita che da generazioni illumina e orienta i figli della comunità sandemetrese. Ne affiorano figure poliedriche quali quella di Enrique Cadicamo, poeta, drammaturgo, compositore e regista di Buenos Aires, nato in terra argentina da genitori emigrati proprio dal borgo arbëresh.
Una attenzione particolare meritano le numerose recensioni raccolte dal nostro autore con il garbo di chi, a passo felpato, accosta il proprio punto di vista a quello di altri appassionati di scrittura. De Cicco presenta, con dovizia di particolari, pubblicazioni di argomento vario, senza lasciarsi irretire dalla retorica, ma facendo propria la consapevolezza ‒ tutta pasoliniana ‒ secondo cui ogni libro è descrizione di una realtà ed ogni recensione è, a sua volta, una «descrizione di descrizioni».
Anche la settima arte trova il giusto spazio nel volume grazie a tre pellicole di cui De Cicco riporta notizia: il film Joy, scherzi di gioia (2002), prodotto dal sandemetrese Demetrio Loricchio, il lungometraggio su monsignor Francesco Bugliari (1742-1806), di Renato Guzzardi e Gianni Serra, e la fiction su san Giuseppe Moscati alla cui realizzazione ha collaborato la locale Pro Loco.
La cultura è per definizione elemento di condivisione e il nostro autore, sulla scorta di tale insegnamento, lascia spazio nella sua antologia ad altre voci che, nella loro diversità, arricchiscono e impreziosiscono l’intera opera.
I delicati versi di Domenico Strigari racchiudono il nóstos, il desiderio sofferto di un ritorno al lontano borgo natìo divenuto ormai emblema di una generosa terra promessa.
La giovanile fantasia degli alunni della scuola media sandemetrese ispira una immaginaria intervista a Domenico Mauro (1812-1873), intellettuale «radicale in politica e romantico in letteratura», garibaldino e protagonista delle gloriose imprese risorgimentali.
L’acume storico di Angelo Bellucci ricostruisce le vicende esistenziali di Alessandro Marini (1733-1796), brillante giurista e filosofo italo-albanese del XVIII secolo.
L’elegantissima prosa di Ettore Marino analizza la questione linguistica, identificando nella canzone ‒ di cui lo storico Festival di San Demetrio è ormai atteso e qualificato appuntamento annuale ‒ lo strumento più adatto alla conservazione e trasmissione di parole e frasi dell’antico idioma d’Arbëria almeno nel dinamico ambito musicale.
Insomma, le tematiche dell’antologia di De Cicco sono tante, ma il merito principale del volume è quello di aver frantumato il diaframma che separa la carta e il territorio, consentendo a San Demetrio Corone di vivere attraverso la narrazione di eventi e la descrizione di personaggi e, per converso, permettendo alle pagine stampate di prender vita e senso in relazione al profondo amore dell’autore nei confronti della sua comunità.
In tempi oscuri come questi, l’antidoto alla dissoluzione consiste nell’attingere a piene mani alla saggezza delle microstorie della provincia che, a ben vedere, costituisce il baluardo e la vera riserva etica del Paese. Gennaro De Cicco compie tale operazione e ciò conferisce al suo libro inequivocabile dignità di lettura.