23 Dicembre 2024
Letteratura

Cantate, Madrigaux e Stravaganze

di

Ettore Marino

Nell’Ottobre del 2018, un mio fraterno amico, musico estroso e genialissimo, mi chiese tre Cantate. Pose due soli vincoli: che fossero tramate in versi brevi, medi e lunghi, e che non presentassero rime. Gliele fornii. Allo sparuto corpo aggiunsi poi tre Madrigaux, cioè tre (rimatissimi) madrigali in francese, e tre Stravaganze, due in italiano e una in francese, tutte rimate anch’esse. Nessuna nota fu composta. Mi rivolsi perciò, nel Marzo del 2022, a un altro e non meno geniale musicista, che di note li va rivestendo nei ritagli di tempo che i molti impegni gli concedono. Io però sono vecchio, e gli impegni del musico, da molti che erano, vanno facendosi, benché senza sua colpa, troppi. Sempre più tristemente chiaro, inoltre, mi risulta che la parte più vasta della mia pluridecennale attività scrittoria mai vedrà luce d’edizione. Mi concedo pertanto uno sbuffo d’allegria proponendo Cantate, Madrigaux e Stravaganze ai gioviali lettori di Terre Letterarie, digitale gazzetta che mai s’invilirà a bruttare la pagina altrui col pretesto di renderla grata al Lettor Medio e al Signor Tutti – e cioè a nessuno. Una puntuale mia traduzione italiana accompagnerà i testi francesi.

Cantate. Cantata 1 Il nubifragio d’ogni vanità / ruppe usci e finestre. Ti s’accampano / in casa venditori di opinioni, / ricattatori d’àdipe / antica, bacchettanti / maestrine, revisori / d’ogni tuo detto o palpito, conati / d’anima che il terrore raggelò / in sorridenti vipere… Urla ognuno: / “Io son libero e mio, sei tu lo schiavo!” / E la vanità mia si fa radice, / cerca altra acqua. Un suono di campane / stende il suo velo d’aria e miele. Un bimbo / ritorna a casa.

Cantata 2 Ritorna a casa un bimbo. / Possente mansuetudine di padre / ogni pietra, ogni muro. / Viva è la madre. Ama / con tutti i polpastrelli delle dita / ogni spiga, ogni petalo. / Chicco di grano, il bimbo / impigrisce di sé, d’una superna / indolenza. Le tende sono abbracci / della penombra, un canto premuroso / va per le stanze, un perenne respiro / si fa gocciole, tremule sui vetri. / Chissà dove, s’aduna chi non ebbe / né sé né nulla. / Son frotte, schiere, vastità che marcia / verso la casa. La circonda. Ha fame, / vera come la vita.

Cantata 3 È la vita che chiama / fuori di casa il bimbo. Non è l’ora / di fare complimenti. / C’è troppa verità. / Si libra piena tra l’azzurro e il fango. / Il male è un tizio che conficca spilli / nella piaga che, fatuo, gli mostrasti. / Ma la piaga è un riverbero, / un dubbio nella mente che non muore. / Chi ebbe fame avrà fame. / Ogni affamato è un occhio. / È la nausea del male che t’addita / figlio d’un’altra luce. / Pel cielo che s’annera, / bontà chiama la luna su dal pozzo. / Il bimbo sbrana il proprio cuore, getta / coriandoli di carne / nell’aria tutta mani, tutta bocche. / Cola allora la pace, / soltanto allora, / come da coppa di preziosa grazia.

Madrigaux. Madrigal à Lucie Combien de fleurs, combien de fleurs, ma Dame, / percent la peau de ce que vous touchez; / et combien de musiques neuves à l’âme / jaillissent là où vous vos yeux posez. / Et pourtant vous passez: vos yeux, vos mains / touchent et regardent en vain, / car ce charme s’ignore. / Mais sans être frôlé / même pas d’un œil distrait, / mon cœur a fait éclore / une rose sonore: / vous l’avez refusée.

Madrigale a Lucia Quanti i fiori, o mia dama, che attraversano / la pelle delle cose che toccate; / quante musiche, all’anima novelle, / zampillano ove voi posate gli occhi. / Voi, comunque, passate: occhi, mani, / inutilmente toccano e rimirano, / incantesimo che non sa di sé. / Ma senza esser sfiorato / dall’occhio disattento, / il cuore mio fiorì / d’una rosa sonora: / e voi la rifiutaste.

Madrigal à Françoise Ni rapide ni lent, / le bec du temps consume nos images / et nous-mêmes avec elles. / Tout cœur rebelle crève dans sa rage. / À mes rêves fidèle, / jeune fille déesse, / herbe pour la paresse / de mon être mortel, je serai sage / pour toi, par toi, papillon d’autres cieux. / L’empire de tes yeux, mon esclavage. / Ta lointaine, ta haute charité / dessine les rivages / où le fleuve des larmes devient beauté.

Madrigale a Francesca Né rapido né lento, / il tempo sbecca ogni nostra immagine, / e noi con esse. / Schianta nell’ira ogni cuore ribelle. / Fedele ai sogni miei, / fanciulla diva, erba / per la molle indolenza / del mio esser mortale, sarò saggio / per te, di te, farfalla d’altri cieli. / L’imperio dei tuoi occhi mi fa schiavo. / La tua lontana, alta carità / traccia le sponde / ove il fiume del pianto è già bellezza.

Madrigal à Roxane Blanche blessure de la terre, cri / des forêts dans ta gorge, et tout ennui, / toute poussière tombe dans les mains / énormes de l’oubli. / Gloire viendra demain / orageuse des larmes que je verse. / Âpre reine éternelle / à la chaste prunelle, / au bénissant sourire, / ton village te berce, / ton village t’ignore. / Tu chantes mon martyre. / L’heure de tes dévots se cache encore / dans mes veines qui crèvent, / et j’éteins sur mes lèvres / la flamme de ton nom. / Et tu chantes. Ton corps est l’horizon / de ma fiévreuse soif, de mes prières, / âpre reine sévère, / voix qui me blesse blanche de lumière.

Madrigale a Rossana Bianca ferita della terra, rechi / l’urlo dei boschi in gola, ed ogni noia, / ogni polvere cade nelle mani / enormi dell’oblio. / Gloria verrà domani / tempestosa del pianto che mi scioglie. / Aspra regina eterna / dalla casta pupilla, / dal benigno sorriso, / il tuo borgo ti culla, / il tuo borgo ti ignora. / Tu canti il mio martirio. / L’ora dei tuoi devoti si nasconde / ancora nelle vene mie che esplodono, / e spengo sulle labbra / la fiamma del tuo nome. / E tu canti. Il tuo corpo è l’orizzonte / di questa febbre che m’asseta, e prego, / regina aspra e severa, / voce che mi piagò, bianca di luce.

Stravaganze. Nel cranio Tu sai che il sole assàtana le piaghe, / io so che il sole fa fiorire il pesco. / Chiacchiere d’oggi per antiche saghe: / invecchi tu, io cresco. // Lurido ogni poiché gettato a caso / a zittire un perché? figlio d’orrore. / Il signor Tutti è càccola di naso: / tuo o mio questo dolore. // Sognare di sognare di sognare / è risvegliarsi in braccio a un sogno eterno. / Il mare abbraccia te che abbracci il mare, / se non sogni l’Inferno. // Se virtù fu parola, il dubbio è inganno, / quando nel cranio verità s’avvita. / È quel che era. S’imbelletta a danno / dei figli suoi la vita. // Non fingerti Mosè né Maradona, / carezze e sole dove fu tempesta. / Sii quel che sei. Perdónati e perdona. / Soltanto ciò ti resta.

Mieux encore… Je suis un soubresaut ni gai ni triste; / mieux encore, une chanson un peu gamine, / farfelue, convulsive et cabotine, / trou de sang sur le nez d’un oncle artiste. // Je cherche l’aube, je cherche une voix / pour me donner, pour retentir, tonnerre / et cri d’enfant frileux qui cueille à terre / la poussière d’une âme d’autrefois. // Je vis si l’on me chante. Mon ennemi / ce n’est pas le silence, c’est le bruit / paresseux des bavards et des fripons / au très bon ton. // Je m’offre aux murs, aux cieux, m’offre à la hâte / fiévreuse des instants, aux ongles, aux doigts / des clochards et des rois / qui tracèrent un sillon sur la mer plate / des jours et de l’oubli, rêve sonore, / rose qui sut éclore d’une croix.

Meglio ancora… Sono un sussulto né gaio né triste; / meglio ancora, un canto malandrino, / bizzarro, convulsivo, buffonesco, / sangue sul naso d’uno zio artista. // Io cerco l’alba, io cerco una voce / che mi prenda e mi scagli, tuono e grido / di bimbo freddoloso che per terra / coglie i resti di un’anima che fu. // Vivo se mi si canta. Il mio nemico / non è il silenzio, ma il vocìo svogliato / di tutti i chiacchieranti e i truffatori / dai modi inappuntabili. // Mi offro ai muri, ai cieli, alla febbrile / frenesia degli istanti, all’unghie, agli indici / dei barboni e dei re / che tracciarono un solco sull’immoto / mare dei giorni e dell’oblio, sonora / rosa ch’ebbe a fiorire da una croce.

Paulo maiora L’Essere, il Nulla, testa o croce, e fu / l’Essere, e il suo mistero. / Fu l’Io, fu il Mondo, e il Tu. / Fu il Falso avvinto al Vero, / e da ogni crepa si levò un brusio / che puoi chiamare Dio, se mai t’aggrada. // Di contrada in contrada / vai, sosti, pensi, e mondo è ogni tua immagine / limpida opaca lieta triste, immagine / tu stesso a chi t’incrocia e odia o ama. / Sei ansia e voce, e l’eco altro non brama / che un petto a trovar pace, / canto che si cantò, canto che tace.